Domenico Scandella detto Menocchio.


-Si chiamava Domenico Scandella, detto Menocchio-.
Era nato nel 1532 (al tempo del primo processo dichiarò di avere cinquantadue anni) a Montereale, un piccolo paese di collina del Friuli, 25 chilometri a nord di Pordenone, proprio a ridosso delle montagne. Qui era sempre vissuto, tranne due anni di bando in seguito ad una rissa (1564-1565), trascorsi ad Arba, un villaggio poco lontano, e in una località imprecista della Carnia.
Era sposato e aveva sette figli; altri quattro erano morti. Al canonico Giambattista Maro, vicario generale dell'inquisitore di Aquileia e Concordia, dichiarò che la sua attività era "di monaco, maragòn, segar, far muro et altre cose". Ma prevalentemente faceva il mugnaio, portava anche l'abito tradizionale dei mugnai, una veste, un mantello e un berretto di lana bianca.
Così vestito di bianco si presentò al processo. (...)

Il 28 settembre 1583 Menocchio fu denunciato al Sant'Uffizio. L'accusa era di aver pronunciato parole "ereticali e empissime" su Cristo. Non si era trattato di una bestemmia occasionale: Menocchio aveva addirittura cercato di diffondere le sue opinioni, argomentandole ("praedicare, et dogmatizzare non erubescit").
Ciò aggravava la sua posizione.(...)
Quanto al contenuto eterodosso di questo tipo di predicazione, non era possibile avere dubbi- soprattutto allorché Menocchio espose una singolarissima cosmogonia di cui era giunta al Sant'Uffizio un'eco confusa:
-Io ho detto che, quanto al mio pensier et creder, tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme; et quel volume andando così fece massa, aponto come si fa il formazo nel latte, et in quel diventorno vermi, et quelli furno gli angeli; et la santissima maestà volse che quel fosse Dio et li angeli; et tra quel numero de angeli ve era anche Dio (...) fece poi Adamo et Eva, et populo in gran moltitudine per impir quelle sedie delli angeli scacciati. La qual moltitudine non facendo li commendamenti de Dio, mandò il suo figliol, il quale li Giudei lo presero, et fu crocifisso-. (...)

Due grandi eventi storici, resero possibile un caso come quello di Menocchio: l'invenzione della stampa e la Riforma.
La stampa gli diede la possibilità di porre a confronto i libri con la tradizione orale in cui era cresciuto, e le parole per sciogliere il groppo di idee e fantasie che avvertiva dentro di sé.
La Riforma gli diede l'audacia di comunicare ciò che sentiva al prete del villaggio, ai compaesani, sgli inquisitori anche se non potè, come avrebbe voluto, dirle in faccia al Papa, ai Cardinali, ai Principi. (...)

Carlo Ginzburg







aggiornata: 06.04.2015


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